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Un romanzo, questo di Silvana Cellucci, che lascia l'amaro in bocca e che, nel contempo, fa riflettere mettendo bene in luce quanto avveniva, più o meno scopertamente, in molte piccole realtà comunitarie nell'Ottocento anche se in questo caso, e non poteva essere altrimenti, la fantasia della scrittrice abruzzese ha aggiunto non poche sfaccettature a quelli che erano dei semplici dati storici. Una vicenda che ha come centro l'Abruzzo Citra, le vecchie usanze delle donne, i poveri contadini dell'epoca (i "cafoni") e la nobiltà che faceva il bello e il cattivo tempo, tenendo in pugno ogni possibile movimento di quanti aveva alle sue dipendenze.